Gentile direttore,
leggo l’articolo apparso ieri articolo sui minori in casa famiglia, dal titolo “Bambini in casa-famiglia business da un miliardo all'anno”.(http://www.repubblica.it/cronaca/2011/04/29/news/inchiesta_italiana-15507476/ ) Resto scioccato dal titolo, mi sento peggio nel leggere tutto. Si parla di business. Dai nostri conti (sono pronto a sedermi intorno a un tavolo per sviscerarli assieme) i costi che deve sostenere una casa famiglia sono molto diversi: le rette attuali coprono meno della metà delle necessità. Difficile ipotizzare quale “business” si possa fare…
sono il presidente di una bella cooperativa sociale: Spes contra spem www.spescontraspem.it e da tanti anni gestiamo in convenzione con il comune di Roma una casa famiglia che accoglie minori in difficoltà. Il bilancio della casa famiglia chiude ogni anno con un fortissimo disavanzo, ripianato solo grazie alle donazioni di tanti amici, alla disponibilità di tanti educatori a fare il loro lavoro con dedizione professionalità e amore.
Non voglio generalizzare (cadendo nel medesimo errore fatto dal giornalista che ha redatto quell’articolo) ma racconterò pure io quattro storie, perché si possa facilmente comprendere di quanto la realtà sia molto più complessa… userò nomi di fantasia. Non altrettanto le storie.
Mario è arrivato a 13 anni. Abusato da entrambi i genitori, da uno zio e poi per soldi da tanti altri. Non si fida del mondo degli adulti, dai quali ha imparato solo violenza e mancanza di rispetto profondissima. Difficile l’inserimento scolastico, difficile la convivenza con gli altri ragazzi. Gli educatori con il tempo fanno un bel lavoro di riconquista della fiducia del ragazzo. Si avvicina una coppia affidataria… dopo tre incontri ci dicono: (e dicono al magistrato e ai servizi sociali) “vogliamo essere onesti, noi non ce la sentiamo, è davvero difficile: è un adulto oramai, ha 15 anni e noi davvero non siamo capaci”. Dopo questa esperienza il tribunale ha deciso che il rischio di una adozione fallita (ce ne sono a bizzeffe!) sarebbe per lui peggio di una buona comunità educativa…
Sa qual è il problema? Che la stragrande maggioranza delle coppie vuole un bimbo piccolo, piccolissimo, sano e senza problemi. Mentre i ragazzi che finiscono in casa famiglia sono leggermente più “complicati”.
Per ogni neonato adottabile ci sono 18 coppie pronte all’adozione. Ma ogni 18 adolescenti difficili, bambini disabili, pronti per un affido familiare c’è una sola coppia disponibile…
Farouk è scappato dall’Africa sub-sahariana : i guerriglieri hanno ucciso i suoi genitori con il mitra. Lui si è buttato dalla finestra. Secondo piano. È scappato. Nel salto le ginocchia si sono rovinate inesorabilmente. Aveva sedici anni. Uno zio gli diede i soldi per salire su un camion. Attraversò per tre mesi il deserto ( nel suo “Venerdì di Repubblica” di qualche tempo fa il viaggio di Farouk e di chi come lui attraversa il deserto è documentato benissimo, un servizio di altissimo livello!) aggrappato su un camion. Poi i barconi, poi l’Italia. Si consegna ai carabinieri “sono un minore straniero, fuggito da un paese in guerra, mi accogliete?”. E la nostra nazione, non ce ne voglia la Lega nord, è un paese capace di accogliere con generosità incredibile (io direi che è un dovere accogliere questi ragazzi). I Carabinieri lo consegnano alle cure del Comune di Roma. Centro di prima accoglienza e poi una casa famiglia. Viene da noi. Impara l’italiano, finisce gli studi, , trova un lavoro, cura le gambe. Un ortopedico del policlinico gli dice “io non ho tempo da perdere per te, ci sono prima tanti italiani che hanno più diritto di te”. Ora ha 18 anni, abbiamo trovato un “vero” dottore che lo ha curato, è uscito dalla casa famiglia, lavora è autonomo ed è seguito da una formidabile associazione che si chiama “restiamo umani” (le dice nulla il nome?).
Andreu scappa dall’Europa dell’est. Ha disseppellito la mamma a mani nude, voleva darle un bacio e nessuno gli aveva detto che era morta, educato dal papà con la cinghia dei pantaloni, per quindici anni non conosce altri metodi educativi finché arriva in Italia, i servizi sociali si occupano di lui, lo allontanano dal nucleo familiare. Di nuovo fallisce la ricerca di coppie che lo possano adottare…
La mamma di Franco invece fa il mestiere più antico del mondo. Il papà probabilmente è qualcuno dei benpensanti moralisti, o un uomo ricco e facoltoso, o una persona semplice e in difficoltà, in cerca di un po’ di amore, a pagamento e per una notte. Non lo sappiamo. Non lo sa nemmeno lui. La mamma quando può passa a trovarlo. Ha 15 anni e una coppia coraggiosa e affidataria ogni fine settimana lo porta a casa con se.
Signor direttore: magari potessimo chiuderle tutte le case famiglia! Vorrebbe dire che avremmo un esercito generoso di famiglie con elevatissime competenze educative, per ragazzi difficili: e persone pronte a prendere in affidamento familiare quindicimila ragazzi in difficoltà…
Non è un business, è una scelta di amore e di professionalità che ciascuno di noi mette nel fare il proprio lavoro. La stessa che io immagino lei abbia messo nel fare il suo lavoro e nello scegliere i professionisti che lavorano con lei. Lo stesso amore e professionalità di un poliziotto, di un medico, di un vigile del fuoco…
Spes contra spem…
Luigi Vittorio Berliri
La risposta all'articolo contiene bugie e soltanto bugie!! le case famiglia sono delle prigioni!! incensurato o no, maturo o no, da lì non esci mai da solo per farti una passeggiata, non puoi usare il cellulare, il pc, invitare amici, nulla di nulla!!
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