CI SONO COLORO CHE GUARDANO LE COSE COME SONO, E SI CHIEDONO PERCHE'... IO SOGNO COSE CHE NON CI SONO MAI STATE, E MI DOMANDO PERCHE' NO. (Robert Kennedy)

lunedì 30 maggio 2011

LETTERA DALL'APPRODO

Per l'evento di Maggio i nostri operatori ci hanno scritto una bella lettera da leggere al Coro Giaquinto sul Tram...leggiamola anche noi:
C'è un vecchio saggio che recita "chiusa una porta si riapre un portone"
C'era un poeta che desiderava superare i limiti dei sensi e spalancare le porte dell'immaginazione.
C'era uno scrittore che ha forzato la porta della propria coscienza.
C'era una band che ha voluto rendere omaggio a chi osa valicare le porte della consuetudine e del conformismo.
Ci sono otto ragazzi che stanno cercando di costruirsi una vita serena, che hanno dovuto sbarrare molte porte,  altre se le sono viste chiudere in faccia, che hanno paura di aprirne alcune e vorrebbero abbatterle tutte.
Sono ragazzi come tanti, ognuno con il proprio vissuto a volte difficile da immaginare anche per noi ex-ragazzi, ma che nella durezza li ha resi ognuno a suo modo speciali. Speciali come tutti gli adolescenti, spontanei in tutte le loro manifestazioni, allegri capricciosi, con sogni più o meno possibili, alcuni con uno sguardo al futuro del tutto incerto e altri già coscienti s come costruirlo.
Ci sono quelli che vorrebbero essere davvero adolescenti e spensieramente travagliati,  ma devono fare i conti con un sistema che li vuole, già a diciotto anni,  adulti ed eroicamente autonomi, in grado di mantenersi da sè (oltrechè, spesso, di mantenere le loro famiglie nei paesi di origine). Allora la giornata ti offre poco per gli amici,  per i giochi, per lo sport, per il sano ozio, e si riempie di impegni spesso intrecciata alla speranza di imparare presto una lingua nuova e complessa, di imparare un mestiere, di trovare un lavoro. Scuola e lavoro, lavoro e scuola, per tutta la settimana. 
Ci sono quelli che, per il momento possono permettersi di studiare solamente e prepararsi con più calma al futuro che li attende, cercando di godere degli affetti che hanno per crescere a dispetto delle tante difficoltà che hanno affrontato e che si troveranno a vivere.
Il bello di questi ragazzi però è che nonostante tutto non fanno mai mancare un sorriso, il clima che si respira all'Approdo è gioioso,  certo non si possono negare i momenti di difficoltà che ci sono e ci devono essere perchè è attraverso questi che si cresce e ci si confronta, imparando loro da noi e noi da loro.
Noi dobbiamo ripagarli cercando di accudirli in un ambiente che sia il più accogliente possibile. E l'accoglienza in una casa parte prima di tutto da una casa accogliente, in cui si riflette insieme,  ragazzi ed educatori, sulle porte scaricate significativamente sulle porte delle stanze simbolo della cercata e detestata separazione dal mondo esterno. Insieme le si ripara, le si rattoppa,  e si cerca di camuffarle per no doversene vergognare. Quando non si può più, le si sostituisce. Questo può essere fatto solamente investendo tempo e denaro per cercare di rendere la casa accogliente nel tempo, per tutti i ragazzi che negli anni verranno a viverci. 
Non possiamo parlare per i ragazzi, riportando il sentimento che caratterizza il loro vivere nella casa-famiglia, ma possiamo dire qual'è il nostro obiettivo quotidiano, ovvero tentare di rendere l'Approdo una casa-famiglia con la "C" maiuscola, non tanto una struttura che agli occhi degli altri spicchi per perfezione, ma che sia dignitosa e accogliente per le persone che ci vivono.
l'equipe   socio-psico-educativa dell'Approdo
     

mercoledì 25 maggio 2011

FESTA E BOWLING

Meglio Tardi che mai!!!!!per la partenza di uno dei nostri ragazzi a metà Febbraio abbiamo organizzato una mega festa seguita da una bellissima serata al bowling....finalmente ecco le foto:

















buon divertimento!!!!!!

lunedì 23 maggio 2011

SCEGLI LA NOSTRA BOMBONIERA SOLIDALE


LE BOMBONIERE SOLIDALI DI SPES CONTRA SPEM ONLUS…

TRASFORMA LE OCCASIONI SPECIALI DELLA TUA VITA IN UN MOMENTO DI SOLIDARIETÀ

Per ogni ricorrenza: battesimo, comunione, laurea, matrimonio,
Spes c ontra  spem  ha preparato una bomboniera da lasciare in ricordo del tuo evento.

Un modo diverso per ricordare a parenti e amici il tuo giorno speciale, reso più bello da un gesto concreto di solidarietà

Scegliendo una tra le tante bomboniere solidali di Spes contra spem, contribuirai a sostenere i nostri progetti a favore  di coloro che abitano a CASABLU, CASASALVATORE, APPRODO, SEMI DI AUTONOMIA!!

LA VETRINA SOLIDALE DI SPES CONTRA SPEM:
Per ogni nostra proposta abbiamo ritenuto opportuno indicare i contributi minimi necessari per coprire i costi ed assicurare una quota significativa della donazione alle attività a favore delle persone che vivono nelle case famiglia.
Ma per chi vuole è possibile aggiungere a questi “minimi” la somma che si preferisce ed esprimere così liberamente la  propria generosità.













(Ringraziamento ad Annalisa)

martedì 17 maggio 2011

EVENTO DI MAGGIO


Come ogni anno stiamo organizzando l'atteso evento di Primavera. In occasione del mese dedicato a L'Approdo, il 26 maggio partiremo per un "viaggio" in tram attraverso il centro storico di Roma durante il quale raccontaremo l'esperienza di questa casa famiglia e dei ragazzi che le danno vita. Ci fermeremo al Colosseo dove verrà servita la cena e durante la quale sarà possibile fare una passeggiata nel suggestivo contesto dell'Anfiteatro Flavio. Il ricavato delle sottoscrizioni dei nostri ospiti (che sono già esurite!) ci cosentirà di sostituire le porte interne de L'Approdo, necessità tecnica dato lo stato in cui sono, ma anche simbolico per ciò che le porte rappresentano. Nella prossima newsletter pubblicheremo un racconto e un po' di foto in modo da far partecipare tutti alla serata!"

SUSANNA

Quando mi chiedono di parlare della mia esperienza del servizio civile, lo faccio sempre con piacere.
Oggi, quando sto scrivendo queste poche righe è il 16 maggio 2011…sei mesi esatti da quando è terminata la mia esperienza di volontaria del servizio civile presso la casa famiglia “Approdo”, ma mi sembra ieri!
Non saprei da dove cominciare a parlare di loro, dei ragazzi, di me e della mia vita nell’ultimo anno…se iniziare dalla fine, da come sto adesso, o se dall’inizio quando tutto è cominciato!
Quando ho saputo che il 16 novembre 2009 avrei iniziato il mio anno di servizio civile, ero felicissima di iniziare per mettermi in gioco. I primi giorni sono stati difficili, non c’è dubbio…i ragazzi erano evidentemente diffidenti e indifferenti nello stesso tempo: si sono visti arrivare otto persone (di cui sette ragazze) all’improvviso, abituati a vivere solo con gli educatori.
Personalmente ci ho messo un po’ di tempo per ingranare, non avevo aspettative particolari perché non conoscevo affatto le case famiglia…quindi ero “neutra”.
I primi tempi sono stati duri… dovevo conoscere una realtà che mi era totalmente ignota: dovevo conoscere i ragazzi, gli educatori, gli altri colleghi, i volontari…e dovevo farmi conoscere a tutti loro. Ero presa dalla smania di dover fare per forza qualcosa, fare fare fare…altrimenti il mio tempo sarebbe stato sprecato e la mia funzione non svolta. Poi, con l’aiuto della mia OLP, con il confronto continuo con gli altri volontari del servizio civile, ho capito che l’agire e il fare erano meno importanti dello stare, dell’essere con loro, i nostri ragazzi.
Così piano piano, il frenetico tentativo di fare sempre è diminuito, per fermarsi in uno stato di disponibilità pacata e serena: è capitato di stare seduta sul divano dopo pranzo a vedere un po’ di televisione con i ragazzi e ridere insieme, oppure in ufficio a fare due chiacchiere con i “colleghi” del servizio civile.
Il tempo passava, i mesi passavano e i ragazzi iniziavano a prendere confidenza con me, e anche io con loro…solo il tempo, si sa, permette la conoscenza.
Ci sono stati dei momenti difficili: ogni volta che un ragazzo andava via, era difficile per me pensare che il giorno dopo non ci sarebbe stato…non ci sarebbe stato per fare colazione insieme, per pranzare insieme, per fare delle commissioni insieme, soprattutto se il ragazzo che andava via era quello con cui si aveva stretto una relazione.
Il progetto a cui ho partecipato si chiamava “Battere e levare”come i tempi nella musica: io però lo inteso così, come qualcosa che c’è, lascia il segno e se ne va, di continuo, però c’è stata e ci sarà per sempre!Così come la mia esperienza al quinto piano!
Ma ci sono stati anche momenti di gioia intensa: le feste di compleanno, le gite di domenica o anche semplicemente un pranzo tranquillo, senza la tensione che spesso aleggiava in sala da pranzo per qualcosa capitata non proprio felice. E poi le risate, le battute, gli scherzi e le prese in giro…i miei ragazzi, i nostri ragazzi!
Poi c’è stata la festa di fine servizio civile: 15 novembre 2010. Era passato un anno esatto da quella prima volta che ero entrata all’Approdo…all’inizio sembrava una festa come tante ce ne erano state in quell’anno…i palloncini, il tiramisù, i piatti di plastica e le pizzette…poi è partito il video delle emozioni: foto e canzoni che rappresentavano esattamente il quotidiano vissuto da tutti, educatori, volontari e ragazzi, in un anno….ne sono scese tante di lacrime quella sera, lacrime di tristezza, di paura, di gioia, lacrime piene di emozioni inspiegabili. Quella sera un ragazzo mi disse, piangendo “Quando sono entrato qui dentro, non pensavo di trovare una famiglia e invece…” con la voce rotta dal pianto non ha continuato, ma la continuo io adesso: “invece ho trovato una famiglia che mi vuole bene”.
Sono loro a darti la possibilità e il permesso di entrare nella loro vita e nel loro mondo, nella loro sofferenza e nel loro dolore in punta di piedi…sono loro che ti dicono o meglio, ti fanno capire con la loro pura ingenuità, che hanno bisogno di te e che sei tu che vogliono in quel momento, per una confidenza, per un problema a scuola o con le ragazze e sapere che grazie a te hanno risolto un piccolo problema o un dubbio, grazie a te hanno preso un bel voto all’interrogazione di italiano, grazie a te hanno preso la patente, bè direi che, davanti a questo, tutto passa in secondo piano. Ed è difficile chiudere dietro di sé la famosa porta dell’interno 9 o 10 senza portarsi con sé, nella strada fino alla fermata dell’autobus o a casa le emozioni provate in sei ore di turno, emozioni di rabbia, di tristezza o di gioia…

lunedì 16 maggio 2011

L'APPRODO E L'ARCHEOLOGIA

Il 17 Aprile (domenica) era l'ultimo giorno della settimana della cultura, musei e monumenti gratuiti per tutti....anche i nostri ragazzi ne approfittano per farsi un bagno di archeologia...







altre le potete trovare su...http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10150575403400381.659131.83342885380&saved

venerdì 13 maggio 2011

FORMAZIONE FOTO

Solo una piccola parte delle mille foto scattate da formatori e formati durante la formazione...le altre su http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10150600478580381.679829.83342885380







GIULIA

Rieccomi qui a scrivere l’Approdo, dopo mesi che arrabatto sul blog ho finalmente deciso di dedicarlo all’Approdo…
È difficilissimo iniziare…non si può raccontare l’Approdo a parole: l’Approdo è fatto di gesti, spesso anche piuttosto eclatanti, di urla, giochi, dispetti, lotte…pomeriggi interi a convincere un ragazzo a studiare, a spiegare al muro perché non si può usare il computer per 8 ore al giorno…pomeriggi e mattine sacrificati a farsi dire un misero Ciao, o a organizzare veri e propri interrogatori per sapere com’è stata la giornata, com’è andata a scuola.
Da quando conosco l’Approdo ho capito cosa vuol dire famiglia; ho capito davvero cosa vuol dire “Mettere gli altri davanti a noi”.
Il primissimo giorno di servizio civile ero terrorizzata, letteralmente in preda al panico, la mia OLP mi prese persino in giro: dovevo avere una faccia terribile. Sono stati loro stessi a mettermi a mio agio, sono sempre loro a iniziare…riescono a sgelare anche una come me che ho congelato tutto dentro…
Non so come spiegare…non so come raccontare, raccontare questi 5 mesi...ora mi viene solo da dire OH MIO DIO IN CHE GUAIO MI SONO MESSA!!!!c’è chi mi dice di lasciare il lavoro e prenderlo come una cosa così, di non perderci troppo tempo….beh mi viene da ridere….com’è possibile?No, la mia risposta è no e a chi li prende in giro perché sono stranieri rido ancora più forte…se veniste qui sareste voi i primi a non volervene più andare….ecco, adesso cado nel solito discorso che faccio da anni: “siamo tutti uguali”, solo che ora lo senti davvero, ora so cosa sto dicendo.
In più bello…imparo cose che prima non conoscevo: faccio danza orientale da 9 anni, ho una passione assurda per la cultura orientale, tant’è che mi sono cimentata pure nella danza indiana classica, quella rituale per intenderci, beh direi che lì ho modo di ampliare le mia conoscenze, sono anche già riuscita a farmi promettere che mangerò a cene, afgane, bengalesi ecc ecc…
Ok…forse sto dilungando….inizio a salate di palo in frasca e opprimere il mondo con i miei repentini cambiamenti di stato d’animo (che ora sono evidentissimi)…
Per chiudere una domanda da un milione di dollari:  COS’è L’APPRODO?
In due parole l’Approdo è: AMORE eFANTASIA….credo sia il caso di allegare la colonna sonora del mio scritto: una fantastica canzone dei Nomadi che io ho sempre sentito come una lettera ad un figlio/fratello piccolo, una lettera a una persona a cui sei legata/o al punto da “alzarmi in volo per vedere dove sei” (e io soffro di vertigini!!)

ti regalo le mie
scarpe sono nuove
prendi anche qualche
libro puo' servire
sapro' alzarmi in
volo e vedere dove
sei ti mandero' a
dire goodbye
ti regalo la mia
giacca ti sta bene
ti lascio una
valigia da riempire
ti lascio anche il
mio numero perche'
non si sa mai ti
lascio una parola
goodbye goodbye my
friend goodbye
goodbye goodbye my
friend quanti sogni,
viaggi, colori,
antichi rancori
e una fantasia piena
di amori e andare
contro il vento non
e' difficile lo sai
lo e' senza un
saluto
caso mai
goodbye my friend
goodbye goodbye
goodbye my friend
sapro' alzarmi in
volo e vedere dove
sei ti mandero' a
dire goodbye goodbye
my friend goodbye
goodbye goodbye my
friend quanti sogni,
viaggi, color,i
antichi rancori
e una fantasia piena
di amori e andare
contro il vento non
e' difficile lo sai
lo e' senza un
saluto
caso mai
goodbye my friend
goodbye goodbye
goodbye my friend
goodbye my friend
goodbye goodbye
goodbye my friend
goodbye

FORMAZIONE

Il 6-7-8 Maggio Spes Contra Spem porta i suoi ragazzi del Servizio Civile fuori per tre giorni...i primi tre giorni di formazione della loro permanenza nelle nostre case..ce li vogliono raccontare:


-Quando ho posato il primo piede a Vallo di Nero (PG) per i tre giorni di formazione ero insieme spaventata ed entusiasta:entusiasta per i tre giorni con quelle che dopo 5 mesi sono diventate mie amiche. Lavorare nella comunicazione WEB mi ha dato la possibilità di essere vicina alle ragazze che hanno scelto il stesso progetto, ma non solo: giro per le caso, chiamo tutte, conosco tutte e tutti: tra giorni con loro sembrano una meraviglia per chi ancora non ha perso il disincanto dei tre giorni. Spaventata perché in queste situazioni non sai mai cosa aspettarti. Ci hanno chiesto cosa ci aspettavamo, nemmeno ora saprei rispondere…
Abbiamo parlato, riso, giocato, camminato, ho avuto le vertigine ogni giorno e  in un caso anche piuttosto forte (credo che le mie colleghe non vorranno più andare in montagna con me!!!!).
Fare un resoconto dei tre giorni sarebbe troppo lungo noioso e scontato e lo sarebbe anche dire che sono rinata e sono tornata più emozionata e motivata. Posso però raccontare un evento piccolissimo e insignificante:
sabato sera abbiamo visto  “Si può fare” un film di G. Manfredonia con Claudio Bisio che tratta la malattia mentale. Spes contra Spem non tratta la malattia mentale e di certo io sarei la persona meno indicata a lavorarci ma in ogni attimo di quel film ho rivissuto ogni emozione che ho provato quando sono entrata per la prima volta nelle case; in tutte non solo in SemiAutonomia e in Approdo, che sono quelle legate al mio progetto; ma anche, e soprattutto, CasaBlu. Ho rivisto gli occhi di Giulia e i miei la prima volta che sono entrata per girare il video. Ho sentito il cuore battere pensando a A. e a ogni ragazzo  che ho conosciuto  all’Approdo e alla Semiautonomia, alla nostra prima ricerca lavoro o alla prima gita.
Non nascondo di essere stata male: continuo ad avere lancinanti dubbi sul mio esistere a Spes contra Spem e sul mio lavoro…ma almeno ora sono certa di non essere la sola.
Per raccontare la formazione credo che la frase più adatta sia quella che Luigi Vittorio ha detto l’ultimo giorno “Che occhi belli che avete”
 Giulia (Approdo e Semiautonomia)


-Pensiamo che queste brevi frasi tratte dal celebre libro "Il piccolo principe", che sicuramente molti di noi avranno letto da bambini, racchiudano in modo significativo il senso di questa esperienza di formazione trascorsa insieme e rimandino in maniera più ampia al significato profondo del nostro lavoro con le persone che abitano nelle diverse case:
"bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare"
"è molto più difficile giudicare se stessi che gli altri"
"non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
"tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi se ne ricordano"
Eleonora e Silvia ( Approdo e Semiautonomia)

giovedì 5 maggio 2011

IL CALENDARIO PER MAGGIO

Domenica 1 Maggio 2001: Festa dei Lavoratori.
Lunedì2 Maggio: cena con i volontari a CasaSalvatore
                 ore: 19.30
Sabato 7 Maggio: spettacolo Teatro Buffo-Festival Anticorpi
                ore: 19.00-20.30
               Dove: Teatro Patologico
Martedì 10 Maggio: spettacolo Teatro Buffo- Festival Rovigo
                  dove: Rovigo
Mercoledì11 Maggio: spettacolo Teatro Buffo- Festival Rovigo
                  dove: Rovigo
Giovedì 26 maggio: raccolta straordinaria per  l'Approdo
                 ore: 20.30-23.30
                 dove: centro storico di Roma (TRAM-BUS)
Venerdì 27 Maggio: formazione responsabili
                  ore: 9.15
Lunerdì 30 Maggio: riunione soci.
Cari amici,
inizia il terzo mese del nostro blog… come sapete Spes contra spem non si occupa solo di disabilità ma anche di adolescenti in difficoltà. L’Approdo, per esempio, è un vero e proprio vulcano superattivo, al punto che ormai ai volontari del servizio civile si chiede di essere dotati di pile super-energizer per poter stare al loro passo…
Non servono parole… lascio a voi il piacere di immaginare una giornata all’Approdo semplicemente guardando e leggendo quello che pubblicheremo sul blog, grazie al contributo dei volontari del servizio civile, degli educatori,  dei volontari e dei ragazzi che conoscono, amano e frequentano la casa famiglia.
Buon divertimento!!!

mercoledì 4 maggio 2011

UN'ALTRA RISPOSTA A REPUBBLICA- FEDERICO

Caro Direttore,
sono il responsabile di una casa famiglia di Roma, gestita dalla Cooperativa Sociale Spes Contra Spem, che accoglie minori adolescenti italiani e stranieri.
Ieri ho letto l'articolo a firma Paolo Berizzi “Bambini in casa-famiglia, business da un miliardo all'anno” appena qualche minuto dopo aver iniziato il mio turno di lavoro notturno. Ho trovato i miei colleghi sgomenti intorno a quelle pagine. Poche voci in condizione di commentarle e, Le assicuro, non benevoli.
Credo di poter dire che l'incredulità e la rabbia fossero dovute all'ingenua generalizzazione, non degna di un giornale a così ampia diffusione, della situazione: non un accenno ai diversi modelli di gestione delle strutture, alla diversa solidità dei servizi sociali territoriali, alla diversa sensibilità dei comuni e degli operatori del settore (con cui pure le strutture sono tenute strettamente a collaborare). Non un accenno ai numerosi e brillanti successi di ragazzi che con l'aiuto di una fitta rete di istituzioni, servizi, operatori e volontari, si sono lasciati alle spalle situazioni difficili e dolorose e stanno restituendo alla società non la rabbia dei soprusi subiti, ma l'amore delle cure ricevute.
Si legge soltanto lo scandaloso traffico di merce umana tra soggetti istituzionali e non.
Il problema delle adozioni è drammatico. Molti dei ragazzi che ho incontrato sono entrati e usciti dal circuito delle case famiglia a seguito di tentativi di adozione falliti.
Insieme ad altre case famiglia come la nostra raccogliamo da diversi anni dati sulle adozioni. Purtroppo falliscono nell'80% ca. dei casi per l'enorme difficoltà di "formare" adeguatamente le coppie adottive, con le loro aspettative, che spesso non reggono l'impatto con  la "vitalità" e le aspettative dei ragazzi/bambini multiproblematici. Da anni stiamo lavorando, anche con le istituzioni, alla ricerca di un rimedio e di un modo per evitare l'ennesimo trauma per i ragazzi.
Mi conceda una riflessione a titolo strettamente personale: nel corso del tempo mi sono convinto che non possiamo essere noi a scegliere i ragazzi, ma devono essere loro a sceglierci come nuovo punto di riferimento.

Le vorrei raccontare dettagliatamente le incredibili difficoltà che ci si trova ad affrontare nellarelazione con i ragazzi deprivati o antisociali, come li si può chiamare a seconda del grado di paura che ne abbiamo. Invece, sono costretto a raccontarLe in breve quanto “ci costano”, per seguire la linea di pensiero del Suo giornalista.
La retta che percepiamo dal comune di Roma per ogni ragazzo è appena inferiore ai 70 euro al giorno, all'incirca 2000 euro al mese. Con questi soldi una cooperativa che gestisce un servizio come il nostro deve pagare lavoratori specializzati (per legge, educatori professionali) oltre ad assistenti sociali e psicologi, alimenti, vestiti, medicine, formazione, scuola, libri e, perché no, sport, palestre, gite e qualche sfizio, ogni tanto .
Negli ultimi anni il costo del lavoro è molto aumentato (che non significa che siano aumentati gli stipendi inadeguati degli operatori, ma questo è un altro problema), mentre le rette sono le stesse da un bel po'. Nel frattempo è aumentato anche il costo della vita e parallelamente la crisi ha prodotto tagli considerevoli sul capitolo sociale. Il comune di Roma paga con mesi di ritardo e la cooperativa anticipa. In sostanza, il nostro bilancio sarebbe puntualmente negativo se non avessimo amici, soci, parenti, lavoratori e sostenitori sconosciuti che investono quello che possono in denaro o tempo dedicato.

Nelle nostre case il business è rappresentato esclusivamente dalla disponibilità delle molte persone che si spendono per far stare meglio possibile i nostri ragazzi e ho il terrore che un articolo così indiscriminatamente diffamante possa allontanarle.

Cordiali saluti

Federico Feliciani

lunedì 2 maggio 2011

CASE FAMIGLIA: BUSINESS O SCELTA CORAGGIOSA DI AMORE? IN RISPOSTA A "LA REPUBBLICA"

Gentile direttore,
leggo l’articolo apparso ieri articolo sui minori in casa famiglia, dal titolo “Bambini in casa-famiglia business da un miliardo all'anno”.(http://www.repubblica.it/cronaca/2011/04/29/news/inchiesta_italiana-15507476/ ) Resto scioccato dal titolo, mi sento peggio nel leggere tutto. Si parla di business. Dai nostri conti (sono pronto a sedermi intorno a un tavolo per sviscerarli assieme) i costi che deve sostenere una casa famiglia sono molto diversi:  le rette attuali coprono meno della metà delle necessità. Difficile ipotizzare quale “business” si possa fare…
sono il presidente di una bella cooperativa sociale: Spes contra spem www.spescontraspem.it e da tanti anni gestiamo in convenzione con il comune di Roma una casa famiglia che accoglie minori in difficoltà. Il bilancio della casa famiglia chiude ogni anno con un fortissimo disavanzo, ripianato solo grazie alle donazioni di tanti amici, alla disponibilità di tanti educatori a fare il loro lavoro con dedizione professionalità e amore.
Non voglio generalizzare (cadendo nel medesimo errore fatto dal giornalista che ha redatto quell’articolo) ma racconterò pure io quattro storie, perché si possa facilmente comprendere di quanto la realtà sia molto più complessa… userò nomi di fantasia. Non altrettanto le storie.
Mario è arrivato a 13 anni. Abusato da entrambi i genitori, da uno zio e poi per soldi da tanti altri. Non si fida del mondo degli adulti, dai quali ha imparato solo violenza e mancanza di rispetto profondissima. Difficile l’inserimento scolastico, difficile la convivenza con gli altri ragazzi. Gli educatori con il tempo fanno un bel lavoro di riconquista della fiducia del ragazzo. Si avvicina una coppia affidataria… dopo tre incontri ci dicono: (e dicono al magistrato e ai servizi sociali) “vogliamo essere onesti, noi non ce la sentiamo, è davvero difficile: è un adulto oramai, ha 15 anni e noi davvero non siamo capaci”. Dopo questa esperienza  il tribunale ha deciso che il rischio di una adozione fallita (ce ne sono a bizzeffe!) sarebbe per lui peggio di una buona comunità educativa…
Sa qual è il problema? Che la stragrande maggioranza delle coppie vuole un bimbo piccolo, piccolissimo, sano e senza problemi. Mentre i ragazzi che finiscono in casa famiglia sono leggermente più “complicati”.
Per ogni neonato adottabile ci sono 18 coppie pronte all’adozione. Ma ogni 18 adolescenti difficili, bambini disabili, pronti per un affido familiare c’è una sola coppia disponibile…
Farouk è scappato dall’Africa sub-sahariana : i guerriglieri hanno ucciso i suoi genitori con il mitra. Lui si è buttato dalla finestra. Secondo piano. È scappato. Nel salto le ginocchia si sono rovinate inesorabilmente. Aveva sedici anni. Uno zio gli diede i soldi per salire su un camion. Attraversò per tre mesi il deserto ( nel suo “Venerdì di Repubblica” di qualche tempo fa il viaggio di Farouk e di chi come lui attraversa il deserto è documentato benissimo, un servizio di altissimo livello!) aggrappato su un camion. Poi i barconi, poi l’Italia. Si consegna ai carabinieri “sono un minore straniero, fuggito da un paese in guerra, mi accogliete?”. E la nostra nazione, non ce ne voglia la Lega nord, è un paese capace di accogliere con generosità incredibile (io direi che è un dovere accogliere questi ragazzi). I Carabinieri lo consegnano alle cure del Comune di Roma. Centro di prima accoglienza e poi una casa famiglia. Viene da noi. Impara l’italiano, finisce gli studi, , trova un lavoro, cura le gambe. Un ortopedico del policlinico gli dice “io non ho tempo da perdere per te, ci sono prima tanti italiani che hanno più diritto di te”. Ora ha 18 anni, abbiamo trovato un “vero” dottore che lo ha curato, è uscito dalla casa famiglia, lavora è autonomo ed è seguito da una formidabile associazione che si chiama “restiamo umani” (le dice nulla il nome?).
 Andreu scappa dall’Europa dell’est. Ha disseppellito la mamma a mani nude, voleva darle un bacio e nessuno gli aveva detto che era morta, educato dal papà con la cinghia dei pantaloni, per quindici anni non conosce altri metodi educativi finché arriva in Italia, i servizi sociali si occupano di lui, lo allontanano dal nucleo familiare. Di nuovo fallisce la ricerca di coppie che lo possano adottare…
La mamma di Franco invece fa il mestiere più antico del mondo. Il papà probabilmente è qualcuno dei benpensanti moralisti, o un uomo ricco e facoltoso, o una persona semplice e in difficoltà, in cerca di un po’ di amore, a pagamento e per una notte. Non lo sappiamo. Non  lo sa nemmeno lui. La mamma quando può passa a trovarlo. Ha 15 anni e una coppia coraggiosa e affidataria ogni fine settimana lo porta a casa con se.
Signor direttore: magari potessimo chiuderle tutte le case famiglia! Vorrebbe dire che avremmo un esercito generoso di famiglie con elevatissime competenze educative, per ragazzi difficili: e persone pronte a prendere in affidamento familiare quindicimila ragazzi in difficoltà…
Non è un business, è una scelta di amore e di professionalità che ciascuno di noi mette nel fare il proprio lavoro. La stessa che io immagino lei abbia messo nel fare il suo lavoro e nello scegliere i professionisti che lavorano con lei. Lo stesso amore e professionalità di un poliziotto, di un medico, di un vigile del fuoco…
Spes contra spem
Luigi Vittorio Berliri

BAMBINI IN CASA-FAMIGLIA BUSINESS DA UN MILIARDO L'ANNO: DA "LA REPUBBLICA"

Si chiamano Marinella, Mirko, Daria, Luciano, Valentina. Altri hanno nomi di battesimo esotici o che evocano genealogie di altri paesi europei (molto Est). Non si può nemmeno dire che siano figli di un dio minore: sono figli di nessuno. Anzi: sono, diventano, figli delle istituzioni. Dei servizi sociali. Dei tribunali. Di una sentenza. Entrano in una casa-famiglia da neonati e, sembra paradossale, a volte ci restano fino a quando diventano maggiorenni. E per tutto quel tempo capita che si chiedano perché non li affidano a una famiglia, visto che un nuovo padre e una nuova madre si sono fatti avanti e non vedono l'ora di riempirli di affetto, di amore. Può persino accadere che, una volta raggiunti i 18 anni, e uscito dalla struttura in cui sei cresciuto, ti tocchi ritornare nella famiglia di origine. Come se il tempo non fosse mai passato, o, peggio, inutilmente. 


L'ESERCITO DI NESSUNO
In Italia ci sono oltre 20 mila giovani - tra neonati, bambini e ragazzi - ospitati da strutture di accoglienza. Sono istituti riservati a chi è stato allontanato dai genitori naturali o non li ha proprio mai conosciuti. Solo uno su cinque di questi ospiti viene assegnato (con adozione o affido) dai tribunali alle famiglie che ne fanno richiesta (più di 10mila). È una media bassissima, tra le più scarse d'Europa. Il motore che alimenta questa "stranezza" italiana è una nebulosa dove le cause nobili lasciano il posto al business e agli interessi di bottega. Ogni ospite che risiede in una casa-famiglia 
costa dai 70 ai 120 euro al giorno. La retta agli istituti (sia religiosi sia laici) viene pagata dai Comuni. Soldi pubblici, dunque. Erogati fino a quando il bambino resta "in casa". Un giro d'affari che si aggira intorno a 1 miliardo di euro l'anno. Tanto ricevono le oltre 1800 case famiglia italiane per mantenere le loro "quote" di minori. Ma un bambino assegnato a una coppia è una retta in meno che entra nelle casse della comunità. E così, purtroppo, si cerca di tenercelo il più a lungo possibile. La media è 3 anni. Un'eternità. Soprattutto se questo tempo sottratto alla vita familiare si colloca nei primi anni di vita. Quelli della formazione, i più importanti per il bambino.


Anche da qui si capisce perché migliaia di coppie restano in biblica attesa che le pratiche per l'adozione o l'affido si sblocchino. Poi ovviamente ci sono anche altri fattori, la maggior parte dei quali legati alle lungaggini e alle complicazioni burocratico-giudiziarie.

Da dove nasce questo cortocircuito? Chi lucra sulla pelle di migliaia di bambini e adolescenti che provengono da situazioni difficili, molto spesso drammatiche? "Il mondo degli affidi e delle case famiglia sta attraversando un momento difficilissimo - dice Lino D'Andrea, presidente di Arciragazzi, un'associazione nazionale che si occupa di diritti dell'infanzia - . Ci sono situazioni che vanno ben oltre la soglia della decenza e della dignità umana. Mi riferisco, in particolare, ai casi più estremi. Che purtroppo sono diffusissimi. E cioè quei ragazzi maggiorenni che usciti dagli istituti non sanno dove andare. Una cosa del genere non dovrebbe essere tollerata. Perché è l'esatta negazione della funzione delle case famiglia. La rappresentazione esatta di come l'obiettivo di una struttura di accoglienza - che dovrebbe essere un luogo di transito, una specie di "parcheggio" temporaneo in attesa dell'affido - può naufragare". A Napoli ci sono due comunità di Arciragazzi. Altre tre erano a Palermo. Dopo mille difficoltà, D'Andrea ha dovuto chiuderle. Perché? "Il Comune di Palermo non ha mai pagato le rette (alla fine ammontavano a più di 750mila euro)" - spiega. In pratica l'epilogo opposto rispetto a quanto accade in altri comuni e per altri istituti, che campano proprio perché alimentati dal rubinetto dei fondi pubblici (ultimamente un po' a secco per la mancanza di risorse dei Comuni). "I ragazzi sono finiti tutti a casa mia. Uno l'ho anche preso in affidamento. L'alternativa era la strada. Ma uno che lavora coi ragazzi - con questi ragazzi - piuttosto che lasciarli in mezzo alla strada se ne va lui di casa".

COME PACCHI POSTALI
Il destino più comune per un bambino che cresce in una casa famiglia è quello di diventare un pacco. Sballottato di qua e di là, da una comunità all'altra. A volte i centri se li contendono come merce preziosa. Perché con un minore "in casa" ogni giorno piovono dal cielo rette da 70 euro a 120. Una "diaria" di cui si fa un utilizzo non esattamente "pieno". Operatori laici o suore riescono a contenere le spese facendole stare abbondantemente dentro la retta concessa dai Comuni. Quello che resta diventa liquidità a disposizione della struttura (molte case famiglia vengono mantenute con fondi messi a disposizione dal ministero della famiglia e anche grazie a donazioni private).

Quante sono le case famiglia in Italia? Chi controlla il loro operato, anche amministrativo? Le stime più recenti parlano di oltre 1800 strutture distribuite da Nord a Sud. Con alcune regioni - Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sicilia - che raggiungono numeri più consistenti (tra le 250 e le 300). Nonostante le casse (e i relativi finanziamenti) di molti Comuni siano al verde, le case-famiglia sono in continuo aumento. Il problema è che non esiste un monitoraggio. Si conosce pochissimo di questi posti e di quello che accade all'interno. Numeri, casi, situazioni, problemi, nella maggior parte dei casi vengono portati all'esterno solo grazie alla sensibilità di qualche operatore e/o assistente sociale. Perché una banca dati c'è ma è insufficiente e non esiste un vero censimento. Dopo che nel 2008 i parlamentari Antonio Mazzocchi e Alessandra Mussolini (presidente della commissione bicamerale per l'Infanzia) hanno lanciato un appello al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e al presidente del consiglio Berlusconi, il sottosegretario alla giustizia Casellati ha varato un database "all'italiana - incalza Mussolini - perché riguarda solo le adozioni e non contempla anche i casi, numerosissimi, di affido. La realtà è che aspettiamo ancora un censimento vero e proprio e un adeguamento così come prevede la legge 149/2001" (progressiva chiusura degli orfanotrofi, inserimento dei bambini nelle famiglie attraverso lo strumento dell'affido, per arrivare gradualmente a un'adozione, o all'inserimento dei minori nelle case famiglia).

L'ASSENZA DI CONTROLLI
E i controlli sui luoghi dove i bambini vengono parcheggiati? Chi vigila sugli istituti che ospitano i senza-famiglia? "Esistono centinaia di enti e associazioni no profit che hanno il compito di rilevare la statistica esatta del numero dei bambini in attesa e degli adottandi-affidandi. Ma nessuno è in grado di fornire numeri esatti". Risultato: ancora oggi non esiste un monitoraggio attendibile. "Cerchiamo di raccogliere più dati possibili - dice Francesca Coppini, dell'Istituto degli innocenti di Firenze (tre strutture residenziali per piccoli da 0 a 6 anni, mamme e gestanti) - ma è tutt'altro che facile in mancanza di una vera organizzazione da parte delle istituzioni".

Buio pesto anche sul fronte delle verifiche. "Lo Stato paga le comunità ma nessuno chiede alla comunità una giustifica delle spese - aggiunge Lino D'Andrea - . Sarebbe utile che ogni casa-famiglia rendesse pubblica le modalità con cui vengono utilizzati i fondi: quanto per il cibo, quanto per il vestiario, quanto per gli psicologi o le varie attività. Il punto è che, in assenza di informazioni, i bambini stanno in questi posti e nessuno gli fa fare niente. Non crescono, non vivono la vita, non incontrano amici, non fanno sport né gite".
Il numero di bambini senza famiglia è oscillato negli ultimi anni tra i 15mila e i 20mila. Oggi sembra essersi assestato intorno alla sua punta massima. Ma il controllo dei "flussi" è anche un problema legato alla sicurezza (adescamento, pedofilia).

C'è anche un problema di competenze. Sull'infanzia ci sono troppe deleghe sparpagliate tra vari ministeri (Pari opportunità, Lavoro, Giustizia, Gioventù) e anche senza portafogli. Con il risultato che, non essendoci un unico soggetto che si occupi di infanzia abbandonata, si finisce per trovarsi di fronte una nebulosa in mezzo alla quale si capisce poco e niente.

Gli orfanotrofi non sono ancora scomparsi del tutto. Alcuni sono stati convertiti in case-famiglia: anche due o tre comunità nello stesso edificio. Una per piano. Poi le altre storture. Nel libero mercato delle comunità per minori abbandonati, c'è chi, per essere competitivo, abbatte la diaria giornaliera fino a ridurla a 30-40 euro. Teoricamente più la abbassi e più bambini riesci a far confluire nella tua struttura attraverso l'input dei servizi sociali che, a cascata, agiscono su indicazione del tribunale.

Altra nota dolente, i tribunali. Solo nel tribunale di Milano, ogni anno si accumulano 5mila fascicoli relativi a famiglie disagiate con a carico almeno un minore. "I magistrati non riescono a seguire la pratiche perché i ragazzi raramente sono seguiti dal territorio di competenza - ragiona un operatore dell'infanzia - . La maggior parte sono parcheggiati in un posto senza che nessuno lo segua davvero".

Le storie che vengono a galla compongono un campionario da fare accapponare la pelle. Ma se si prova a restare lucidi, si capisce come ogni vita congelata o sfilacciata, ogni odissea che abbia per protagonista un bambino "di nessuno" si deposita sullo stesso fondo di mala amministrazione. "Le case-famiglia sono una risorsa importante per il reinserimento del minore - spiega l'avvocato Andrea Falcetta, di Roma - ma la permanenza di un bambino va gestita con cura e deve rispondere a un unico criterio: trovargli il prima possibile una collocazione familiare".

Paolo ha compiuto 18 anni dentro un istituto dell'Aquila. La responsabile, una suora, quando Paolo era adolescente, sostiene e favorisce per un anno gli incontri con una coppia con due figli, di cui uno adottivo. A legame consolidato, la coppia si offre per l'affidamento di Paolo, la suora cambia idea e il tribunale nega l'affidamento. Ora, con la maggiore età, è la stessa famiglia ad occuparsi del ragazzo. Brescia. Monica, 7 anni, subisce molestie dal padre; la mamma si rivolge al tribunale e ai servizi sociali: i quali decidono di mettere la bambina in un istituto punendo anche la madre. Una bambina di Lecce viene strappata ai genitori accusati di non nutrirla abbastanza perché vegetariani. la famiglia resta in una comunità per quasi un anno. la madre è autorizzata a stare con la bambina nell'istituto di suore, per essere "rieducata" dagli assistenti sociali. La signora testimonia che nei lunghi e numerosi colloqui con gli educatori non si è mai parlato delle possibili problematiche della bambina ma le domande che le venivano poste riguardavano solo i suoi rapporti sessuali con il marito. Oggi, riottenuta la figlia dal tribunale, genitori e bambina sono emigrati felicemente in Svizzera. Roma. Il tribunale affida Daria, 4 anni, ai servizi sociali e questi la indirizzano in un "centro di aiuto" contro la volontà dei genitori (gli esami escludono ogni tipo di violenza sulla bambina). Tuttavia sono gli stessi genitori a chiedere all'Asl un'insegnante di sostegno visto il lieve ritardo psichico di cui soffre la bambina. Ricusato il consulente del tribunale e nominato uno nuovo, emerge infine che i problemi di Daria erano dovuti ad una sofferenza da parto (mancanza di ossigeno per qualche istante) e che dunque avevano natura medica e non psicologica: dopo 8 mesi di casa famiglia la bambina viene rimandata a casa dal tribunale. Bologna. M. e C. sono sposati, abitano in periferia, redditi non fissi, lui operaio in nero. Hanno un bimbo di 8 anni. Vengono dichiarati decaduti della potestà genitoriale a causa di un procedimento nato dalla denuncia di due maestre: "Il bambino sa troppe cose riguardo alla sessualità". Era accaduto che il bambino si era alzato, era andato in salotto dove il padre stava guardando un film pornografico. L'uomo, secondo gli assistenti sociali, aveva manifestato un'assenza totale di autocritica rispetto all'episodio e si era sollevato da ogni responsabilità; mentre davanti al giudice aveva ammesso "aveva solo2-3 anni, pensavo non capisse. Credo ora di avere sbagliato". Ricoverato in una comunità, il bambino è stato poi dichiarato adottabile (è in attesa di una famiglia da quasi due anni) nonostante la zia materna (sposata e con figli) avesse presentato invano istanze per ottenerne l'affidamento e scongiurarne l'adozione. Strappati agli affetti e spremuti nella crescita. Così va la vita dei figli di nessuno. 
((29 aprile 2011)