C'è un vecchio saggio che recita "chiusa una porta si riapre un portone"
C'era un poeta che desiderava superare i limiti dei sensi e spalancare le porte dell'immaginazione.
C'era uno scrittore che ha forzato la porta della propria coscienza.
C'era una band che ha voluto rendere omaggio a chi osa valicare le porte della consuetudine e del conformismo.
Ci sono otto ragazzi che stanno cercando di costruirsi una vita serena, che hanno dovuto sbarrare molte porte, altre se le sono viste chiudere in faccia, che hanno paura di aprirne alcune e vorrebbero abbatterle tutte.
Sono ragazzi come tanti, ognuno con il proprio vissuto a volte difficile da immaginare anche per noi ex-ragazzi, ma che nella durezza li ha resi ognuno a suo modo speciali. Speciali come tutti gli adolescenti, spontanei in tutte le loro manifestazioni, allegri capricciosi, con sogni più o meno possibili, alcuni con uno sguardo al futuro del tutto incerto e altri già coscienti s come costruirlo.
Ci sono quelli che vorrebbero essere davvero adolescenti e spensieramente travagliati, ma devono fare i conti con un sistema che li vuole, già a diciotto anni, adulti ed eroicamente autonomi, in grado di mantenersi da sè (oltrechè, spesso, di mantenere le loro famiglie nei paesi di origine). Allora la giornata ti offre poco per gli amici, per i giochi, per lo sport, per il sano ozio, e si riempie di impegni spesso intrecciata alla speranza di imparare presto una lingua nuova e complessa, di imparare un mestiere, di trovare un lavoro. Scuola e lavoro, lavoro e scuola, per tutta la settimana.
Ci sono quelli che, per il momento possono permettersi di studiare solamente e prepararsi con più calma al futuro che li attende, cercando di godere degli affetti che hanno per crescere a dispetto delle tante difficoltà che hanno affrontato e che si troveranno a vivere.
Il bello di questi ragazzi però è che nonostante tutto non fanno mai mancare un sorriso, il clima che si respira all'Approdo è gioioso, certo non si possono negare i momenti di difficoltà che ci sono e ci devono essere perchè è attraverso questi che si cresce e ci si confronta, imparando loro da noi e noi da loro.
Noi dobbiamo ripagarli cercando di accudirli in un ambiente che sia il più accogliente possibile. E l'accoglienza in una casa parte prima di tutto da una casa accogliente, in cui si riflette insieme, ragazzi ed educatori, sulle porte scaricate significativamente sulle porte delle stanze simbolo della cercata e detestata separazione dal mondo esterno. Insieme le si ripara, le si rattoppa, e si cerca di camuffarle per no doversene vergognare. Quando non si può più, le si sostituisce. Questo può essere fatto solamente investendo tempo e denaro per cercare di rendere la casa accogliente nel tempo, per tutti i ragazzi che negli anni verranno a viverci.
Non possiamo parlare per i ragazzi, riportando il sentimento che caratterizza il loro vivere nella casa-famiglia, ma possiamo dire qual'è il nostro obiettivo quotidiano, ovvero tentare di rendere l'Approdo una casa-famiglia con la "C" maiuscola, non tanto una struttura che agli occhi degli altri spicchi per perfezione, ma che sia dignitosa e accogliente per le persone che ci vivono.
l'equipe socio-psico-educativa dell'Approdo